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Un'altra parola che sicuramente ho dentro è: pineta.
Un estendersi semi-ordinato, come un susseguirsi contiguo di costellazioni, di alberi dall'alto fusto spoglio e dalla grande chioma verde che nelle giornate di sole estive crea al di sotto un refrigerio cullante, con le cicale che ti frastonano e ti assopiscono nello stesso momento. La pineta è stato il mio parco giochi dell'infanzia: dalla mattina al calar del buio, inverno - primavera e autunno.. l'estate al mare! E la pineta è l'ultimo spazio alberato tra la case e il mare, il verde che affoga nel blu.
I pini nel vento fanno impressione: i loro lunghi steli ondeggiano al libeccio come in un terremoto, quasi ti chiedi come fanno a non cadere... e spesso non cadono perchè le chiome si sostengono l'un l'altra... e aghi di pino dappertutto, ma anche pine e pinoli.. Il sapore dei pinoli schiacciati sui sassi e mangiati con le mani nere non te lo scordi più... è uno dei miei sapori di bimbo... insieme al gioco con le lucertole, i gatti, i cani, le scorribande, le girate in bicicletta, le avventure, la fontana e le partite di pallone.
La pineta rimane per me un luci/ombre al terreno di emozioni complesse...
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Inauguro oggi, sulla scia del programma di Fazio e Saviano (nella foto) questa nuova sezione del mio blog che prende appunto anche il nome di quella trasmissione [Quello che (non) ho].
Porterò qui parole "che ho" e che "non ho", parole per me comunque importanti, sia personali che legate al mio lavoro di sviluppatore web in provincia di livorno, ma non tanto per la loro definizione tecnico/lessicale, ma per quello che significano per me, nella mia memoria, nella mia persone e nel mio sentire individuale e sociale.
Inaugurerò questa nuova sezione con la parola INQUIETUDINE.
La parola è inquietudine è una parola che di norma è connotata negativamente. L'inquietudine invece per me, può anche essere positiva; può essere intesa come un moto rivoluzionario dell'anima, uno spirito vivo come il fuoco che cerca vie alternative (a quella attuale) di realizzazione.
E contiene in sè, strutturalmente e lessicalmente, un dolce paradosso, quell'essere "in quiete" che è inquietudine sotterranea, organica ma non apparente, non subito visibile.
Corpo in quiete che dentro scalpita, cerca e indaga. Proprio un recente studio che leggevo qualche giorno fa dimostrava che le persone inquiete hanno un mente più mobile, viva e creativa. L'inquietudine tiene sempre accesa una parte mentale che è ricerca continua e dunque costante costruzione di possibilità.
Può essere sicuramente "stancante", ma anche molto emozionante.
Molta parte della mia vita si è costruita (e credo si costruirà) sulla spinta di questa "sana inquietudine".
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